Non abbiamo fatto in tempo ad archiviare i brindisi per salutare il nuovo anno appena arrivato, che già ci stiamo preparando ad alzare nuovamente i calici. Questa volta però per un motivo diverso. Tra meno di un mese, sarà di nuovo periodo di carnevale.
Lo ammetto, ogni anno mi ripeto che basta, l’anno prima sarebbe stato l’ultimo. Passo ore a lamentarmi del freddo, della troppa gente, del fatto che il mattino dopo mi devo alzare per andare al lavoro; ma poi finisco sempre per farmi convincere dai miei amici. “Un’oretta sola, dai!”, “Un giretto veloce per vedere com’è l’ambiente, torniamo presto!”. E finisco per passare 5 giorni saltellando come una cavalletta impazzita, fino all’esaurimento delle energie. Ovviamente al quinto giorno mi dico: “giuro, l’anno prossimo non mi farò convincere!”. Mento a me stessa, consapevole di stare mentendo!
Quindi ogni anno, con la consapevolezza che tanto un giro lo vado a fare, devo correre ai ripari con il vestito dell’ultimo minuto. Non che non ne abbia la cantina piena, ma è divertente avere il pezzo “novità”. Così oggi mi sono messa a sbirciare in rete.
Curiosando qua e là mi sono accorta però, non senza una certa amarezza, che per noi donne è difficile trovare qualcosa di adatto, a meno che il tema non sia “su e giù per i postriboli”. Da notare che, nel mese di febbraio, la temperatura di notte si aggira attorno agli 0 gradi (se siamo fortunati), quindi andare in giro smanicata, stile carnevale di Rio de Janeiro, oltre ad essere un po’ fuori luogo è anche decisamente fuori stagione.
Ma tralasciando la lunghezza delle maniche, alla quale si potrebbe eventualmente porre rimedio con le famose canottiere della salute (utilizzata anche da chi frequenta le piste da sci), quello che a mio parere è scandaloso è la rivisitazione di ogni vestito in “versione sexy”, dove nulla o quasi viene lasciato all’immaginazione.
Partendo da Biancaneve (la poverina avrebbe qualche difficoltà a riuscire a nascondere una qualsiasi mela) a Cenerentola (la fuliggine del caminetto non avrebbe stoffa a sufficienza su cui depositarsi), arrivando a Cappuccetto Rosso (che perfino il lupo arrossirebbe alla sua vista) fino alla fatina Trilli (che le ali le utilizzerebbe per coprirsi e non per volare). Tutto è un susseguirsi di vestiti scosciati, scollati, sbottonati. Ovviamene non possono mancare i “classici”: la dottoressa (dove lo stetoscopio è più grande della gonna) o la poliziotta (tutina aderente in puro lattice, con tanto di manette). Ma nemmeno gli animali si salvano: la gattina, la maialina, il pandino. Dal nome alla lunghezza del vestito, vi posso assicurare che è tutto “ino”.
Altra storia per i vestiti maschili, dove per intravedere un pezzo di carne bisogna fare un buono sforzo di immaginazione.
Non lo nego. Mi sento delusa e offesa. Offesa perché anche un momento che dovrebbe essere solo fatto di allegria, dove un vestito dovrebbe essere solo originale e colorato, si è insidiata quell’odiosa mercificazione del corpo femminile. Quello stereotipo nell’ideale collettivo che la donna deve mostrare, deve essere sexy, deve essere provocante e alla mercé degli sguardi dell’uomo.
Chiudo i motori di ricerca.
Non ho ancora trovato un’idea originale su come vestirmi. Ma su una cosa ho le idee bene in chiaro. So come NON VOGLIO SVESTIRMI.
Settimana prossima facciamo la svenditabdi vestiti della Bauband a Giornico.
Ve ne sono sicuramente di caldi 😉
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