Bianco non è bianco

A Niall non restava che una settimana di tempo. Allo scadere della mezzanotte di domenica doveva consegnare il suo manoscritto. Ormai aveva esaurito tutte le scuse con il suo editore. Doveva consegnare, senza se e senza ma.

Un ma però c’era ed era anche bello grosso. Niall non riusciva a scrivere. Erano ormai mesi che non trovava l’ispirazione. Nemmeno una parola. Nemmeno un’idea. Nulla. Nella sua testa giravano vorticosamente pensieri, parole, mezze idee ma nulla che riuscisse a mettere nero su bianco o che servisse a dare vita ad una storia o ad un personaggio.

Aveva provato a cambiare città, aveva incontrato gente nuova, si era fatto raccontare centinaia di storie da chiunque incontrasse. Era arrivato addirittura a chiudersi nel suo appartamento per intere settimane obbligandosi a scrivere, tanto che l’unico contatto che aveva avuto con il resto del mondo era con il fattorino del ristorante cinese all’angolo che gli portava il cibo di tanto in tanto. Ma nulla di tutto questo era servito. Era come se il suo cervello avesse smesso di colpo di trovare nuovi stimoli, come se non avesse più storie da raccontare.

Niall era disperato. Senza questo romanzo era finito. Avrebbe perso tutto. La casa, il lavoro e la carriera.

L’ansia cominciava ad avere il sopravvento e l’essere rinchiuso tra le sua quattro mura gli faceva venire la claustrofobia. Doveva uscire e prendere aria, prima di impazzire. Camminò per ore, osservando il mondo che lo circondava. Le persone sembravano così serene, senza pensieri né preoccupazioni. Perfino il traffico quella sera sembrava più calmo del solito. Tutto era in netto contrasto con quello che Niall sentiva dentro di sé. Gli era venuta sete ed entrò in un bar. Si scolò qualche birra, scambiò due parole con il barista e tentò di rimorchiare, senza successo, una mora seducente seduta accanto a lui. Uscì dal locale, chiamò un taxi e se ne andò a casa. Non c’era niente per lui quella sera che lo attendeva.

Niall si sedette davanti al suo portatile, osservando la pagina bianca e sperò con tutto se stesso che succedesse qualcosa. Qualsiasi cosa.

Qualcosa sì accadde, ma non era esattamente quello che si era aspettato. Dal nulla sentì una voce che lo chiamava “Ehi vecchio mio. Vedo che non te la stai passando molto bene.” Niall si guardò in giro, incredulo. Chi era stato? Da dove veniva quella voce? E questa incalzò “Ehi, sono proprio qui davanti a te. Sono una pagina bianca, non trasparente!”. A quel punto guardò la pagina bianca davanti a sé e pensò di avere le allucinazioni o forse aveva esagerato con la birra. Spense tutto con un colpo di mano e si mise a dormire.

La mattina dopo si svegliò e subito gli tornò in mente l’episodio della sera prima. Si avvicinò al portatile e rimase un momento ad osservarlo. Si sentiva uno sciocco, ma la verità è che aveva timore di accenderlo. Cosa avrebbe fatto se avesse udito di nuovo quella voce? Tirò un profondo respiro e lo accese. Era da pazzi credere che una pagina bianca potesse parlare.

Non fece in tempo a finire di formulare questo pensiero che sentì di nuovo la voce “Ehi, non è stato molto carino da parte tua chiudermi il becco così. Ho anche io i miei sentimenti!” A questo punto Niall si lasciò cadere sulla sedia. Le cose erano due; o era diventato completamente pazzo oppure quella pagina parlava davvero. Decise di optare per la seconda ipotesi, era troppo spaventato per prendere anche solo lontanamente in considerazione la prima.

“Ti chiedo scusa, ma non mi capita spesso di avere conversazioni con delle pagine bianche”. La pagina restò un momento in silenzio e poi disse “Vedi Niall, è qui che ti sbagli. Io non sono bianca. Io sono piena di tutto, di forme, di storie e di personaggi. Devi solo liberare la mente e vedere oltre il nulla che ti sembra di percepire.” Niall restò un momento ad osservare il vuoto, cercando di non pensare a nulla. Ma anche così quella per lui restava sempre e solo una pagina vuota.

La pagina continuò “Quando eri piccolo quali storie volevi raccontare?” Niall ci pensò un attimo su e poi disse “I pirati! Passavo ore ad ascoltare le storie che mio padre mi raccontava, di galeoni, tesori, combattimenti a suon di sciabole.” La pagina replicò “Bene, riesci a vedere qui, ora, quelle storie che da piccolo tanto amavi?”

Niall si concentrò e piano piano delle linee leggere presero vita. Prima un piccolo galeone, poi si delineò il mare e all’orizzonte un’isola con delle palme. Più osservava e più vedeva nascere cose.

La pagina a quel punto lo riportò alla realtà e gli disse “Vedi com’è facile? A volte basta ricordarsi quali sono le cose che amiamo davvero per ritrovare la strada che pensavamo di aver perso.”

Niall tornò a guardare la pagina, che ora sapeva non essere più bianca. Aveva ragione quando asseriva che in lei era racchiuso il tutto. In lei ognuno poteva vedere ciò che voleva, ciò che desiderava in quel momento, ciò che aveva desiderato e ciò che ancora non sapeva di desiderare.

Scrisse per tutto il giorno e per tutta la notte, senza mai fermarsi.

La domenica sera, come concordato, si incontrò con il suo editore. Gli consegnò la bozza del suo manoscritto. In esso aveva scritto il suo tutto. Parlava di pirati e di tesori. Di galeoni e di sciabole. Di un bambino che è diventato uomo. Di sogni mai realizzati e di sogni che hanno preso vita.

Di pagine bianche che non sono bianche.

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