Le “tettine” lo sanno (Ricordi di scuola)

Questa mattina stavo parlando con la mia collega, che ha una figlia che frequenta la scuola elementare, riguardo ad un compito assegnatole dalla maestra. Doveva scrivere un tema raccontando i momenti che le erano rimasti impressi dall’inizio della scuola.

Ovviamente il suo era incentrato sulle nuove amichette conosciute, l’aver imparato a leggere e scrivere, alcuni compagni che la prendevano in giro, l’apprensione della scuola “da grandi” che avrebbe affrontato il prossimo anno. Cose così, pure ed innocenti come solo i bambini sanno esprimere.

Sono tornata alla mia scrivania e mi sono chiesta: “E io cosa ricordo di quel periodo?”

Innanzitutto posso affermare con certezza che in tutta la mia carriera scolastica, dall’asilo fino alle superiori, non ho mai fatto parte della cerchia di quelli “popolari”.

Vuoi perché avevo una famiglia un po’ strana, almeno agli occhi degli altri. Agli inizi degli anni ottanta, vivere con i genitori non sposati era una cosa dell’altro mondo. Chissà, magari si immaginavano che le nostre serate le passavamo attorno ai narghilè, ascoltando musica hippie e fumando strane erbe dai poteri curativi. In realtà niente di tutto questo, la sera mi toccava fare i compiti, con grandi tirate di orecchie quando ero nella fase “svogliatezza congenita”. Ma torniamo a noi.

Questa situazione andava ad aggiungersi al fatto che la mia simpatia non era proprio tutto ‘sto carnevale di Rio. Introversa e sempre impacciata come un elefante in una cristalleria. Ero simpatica, ma non dalle grandi doti oratorie. Tutto quello di cui avevo bisogno era racchiuso nei libri. Al contrario di quanto mi succedeva con gli amici -ne avevo talmente pochi che era sufficiente una sola mano per contarli tutti- di libri ne avevo a bizzeffe. Armadi, cassetti, scatoloni in cantina. Tutto traboccava di libri.

Però non tralasciamo madre natura, che neanche lei era stata tanto clemente in quella fase della mia vita. Ero bruttina, detto con molta onestà. I capelli tagliati in un orrendo caschetto; avete presente la famosa scodella rovesciata? Ecco. L’acne non mi dava tregua e la bocca, oh la bocca! Avevo quello spazietto tra gli incisivi –che ho tuttora eh!- alla Ornella Muti. Per fortuna crescendo ho imparato ad apprezzarlo. Siccome il dentista poco poteva con questo problema, mi aspettavo più collaborazione da parte delle divina provvidenza. Speranza risultata vana! Ma il vero tasto dolente fu il seno. Perché quando le tue tettine decidono di spuntare in età precoce, senza nemmeno chiederti il consenso, è perché hanno tramato contro di te per rovinarti gli anni scolastici. E così fu.

Non dimenticherò mai il giorno che misi il mio body blu preferito, regalo di compleanno di mia zia. Entrai in classe tutta fiera della mia “mise” e un mio compagno mi guardò prima “lì” e poi dritto in faccia e gridò: “poppea”; scoppiando poi in una fragorosa risata, seguito dalla metà dell’universo maschile presente in classe. Avessi avuto una pala mi sarei scavata la fossa da sola con l’intenzione di rimanerci almeno per tutti gli anni che mi restavano di scuola. Se vi state domandando che fine abbia fatto il body, è finito dritto in cantina, chiuso in uno scatolone insieme alla mia autostima.

Escluso questo episodio che ha minato la mia spavalderia per un po’, gli anni della scuola sono passati senza grandi intoppi. Non avevo amici sempre pronti a suonarmi il campanello, però avevo quei pochi con cui mi divertivo e passavamo un sacco di tempo insieme. Alcuni di loro sono resistiti nel tempo e li sento tutt’ora.

Verso la fine della scuola media è arrivato il primo fidanzatino. Lui era amico di alcuni amici della compagnia, nonché migliore amico del ragazzino per cui avevo una cotta io. Ci mettiamo insieme. La nostra “storia” va avanti per ben due settimane e tutti lì pronti a gridare al record storico delle storie d’amore. Lui sta con me perché non aveva mai baciato nessuna ragazza, io perché adoravo stare al telefono con il suo migliore amico. Cosa imbarazzante: non essendo ancora entrati nell’era digitale, non c’era nessun cellulare a salvarti e a lasciarti un minimo di privacy. Tutte le conversazioni andavano fatte al telefono fisso di casa e indovinate? Noi ne avevamo solamente uno, sistemato nel salotto di casa. Le mie conversazioni erano quindi conversazioni di dominio famigliare.

Tornando alla mia storia d’amore. Come ben immaginerete è naufragata così, senza nemmeno una mezza pomiciata. Questo è ancora tema di discussione con una mia cara amica, che a distanza di anni, ridendoci su, ancora mi dà dell’egoista per questo episodio. Chissà poi che non abbia ragione.

Da quel momento però decisi che per un po’ sarei rimasta single. Due settimane erano state più che sufficienti per rendermi conto che avere un fidanzato è impegnativo, soprattutto quando condividi il telefono con tutta la tua famiglia.

Mi buttai così sulla mia passione più grande. La lettura. Leggevo così tanto che a volte i miei genitori dovevano buttarmi letteralmente fuori di casa per andare a prendere un po’ d’aria.

E in un batter d’occhio anche la scuola arrivò al termine.

Malgrado siano passati più di 20 anni da allora, sapete cosa mi fa sorridere?

Che quando si ricordano gli anni della scuola, ritroviamo un po’ di quell’innocenza che avevamo  da bambini. Perché ciò che portiamo nel cuore sono gli amichetti di allora, anche chi magari ci ha preso un po’ in giro, e le prime passioni che abbiamo scoperto e coltivato nel tempo.

13 commenti

  1. Che bella condivisione questa. È stato bello leggerti e poi cercar di ricordare la me bambina… Penso che sia proprio così, alla fine ci rimangono in mente determinati episodi, amici più o meno dispettosi,figuracce impegnative per la nostra età… Con la differenza che con “l’innocenza” di oggi sappiamo riderci su 😉

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  2. Da bambini si vivono piccoli traumi che spesso rischiano di durare anni!Ma nel tuo caso suppongo che ad un certo punto il trauma sia diventato non dico orgoglio ma almeno un qualcosa per cui i maschietti ci avrebbero perso il sonno!😂

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  3. In seconda media mi ero innamorata di un compagno di scuola, lo guardavo sempre, lo ascoltavo quando leggeva ad alta voce in classe i suoi bei temi. Poi, un bel giorno, la cosa è successa: i nostri banchi erano situati allo stesso livello, in due file vicine, separate da un breve corridoio. Durante l’ora di disegno, la più permissiva, ci siamo tenuti per mano, così, da una fila all’altra, senza guardarci, senza parlare. Poi c’è stata una cartolina, durante le vacanze, poi la fine, senza nemmeno una parola.

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